Cari membri del gruppo, oggi sento il bisogno di condividere con voi alcune riflessioni che nascono da una questione profonda. Alcuni di voi potrebbero chiedersi chi sono, e la risposta è semplice: non amo mettermi in mostra e non vivo per cercare l'ammirazione o l'approvazione degli altri. Sono semplicemente una persona come tante altre che fa parte di questo bellissimo gruppo.
Come accade nelle migliori famiglie, anche all'interno di un gruppo si sviluppano dinamiche, talvolta poco in sintonia con gli ideali e le attività che ci uniscono. Queste dinamiche, se lasciate crescere, finiscono per pesare sull'animo di chi, come gli amministratori o semplicemente chi ama profondamente i valori e le idee di questo gruppo, cerca ogni giorno di mantenerne l'armonia. A lungo andare, queste tensioni possono intaccare la serenità di chi lavora per il bene comune e compromettere la forza stessa che ci ha spinto a costruire questa comunità.
È doloroso osservare quando qualcuno si esclude, si sente fuori luogo, o peggio ancora, quando qualcuno si evolve negativamente all'interno di un contesto. Tutti, almeno una volta nella vita, abbiamo vissuto questa esperienza, sia da protagonisti, sia da spettatori. Chi di noi non ha mai assistito alla difficoltà di qualcuno che si sente lontano, emarginato, o vuole semplicemente aizzare.
L'esclusione, sia quando la subiamo, sia quando la vediamo accadere, ci lascia spesso senza parole. Può farci sentire vulnerabili e disorientati, ma può anche scatenare in noi forti reazioni, soprattutto quando percepiamo l'ingiustizia che si cela dietro a certi comportamenti. Ma la domanda che ci dovremmo porre è: Cosa significa giustizia in questo contesto?
La giustizia personale, quella che ognuno di noi porta nel cuore, può sembrare a volte una buona guida, ma attenzione: essa non sempre è equa. Quando lasciamo che il nostro giudizio personale influenzi la collettività, rischiamo di cadere nel caos. La giustizia vera, quella che dà equilibrio al gruppo, non ha nulla a che vedere con la vendetta o con il voler punire chi non si allinea ai nostri modi di pensare. Essa consiste nel far rispettare le regole, nel garantire che tutti abbiano la possibilità di esprimersi e di appartenere, a prescindere dalle differenze che ci caratterizzano.
In alcune circostanze, può essere necessario allontanare qualcuno per il bene comune, per la serenità di tutti. Anche questa è una decisione difficile, che lascia segni. Nessuno ne esce senza ferite, sia chi prende la decisione, sia chi la subisce. E anche chi, per un motivo o per un altro, si trova nel mezzo.
Ma, al contrario, c’è una forza potente che ci spinge a cercare inclusione. È una forza primordiale, che ci porta a fare di tutto per entrare a far parte di un gruppo, per sentirci accettati, per essere riconosciuti come parte integrante di qualcosa che ci nutre. Questo desiderio di appartenenza è antico, radicato nella nostra natura. Nei tempi più lontani, far parte di un clan o di una tribù era questione di sopravvivenza. Oggi, forse non in senso letterale, ma il bisogno di sentirci accolti è rimasto, ed è un motore potente che ci spinge a creare legami, a cercare un posto dove sentirci al sicuro, dove poter essere noi stessi senza paura di essere giudicati o esclusi.
Questa è la radice del nostro dilemma: l’inclusione e l’esclusione sono, in fondo, facce della stessa medaglia. Eppure, dobbiamo ricordare che la vera forza di un gruppo non risiede nella sua capacità di respingere, ma nella sua capacità di accogliere. Vi invito quindi a vivere l’esperienza di questo gruppo con leggerezza, senza farsi intrappolare da complotti immaginari, da battaglie interne o da giudizi prematuri. Non lasciate che piccole frustrazioni o incomprensioni minino ciò che di bello e positivo c’è in questo spazio condiviso.
La vita di gruppo è fatta di alti e bassi, ma è nella capacità di adattarsi, di accettare le diversità e di imparare dagli altri che possiamo crescere insieme. Se vivete questa esperienza con apertura e serenità, senza cedere alla tentazione di cercare il capro espiatorio o di fomentare conflitti inutili, vi accorgerete che il gruppo non è solo uno spazio dove si condividono idee, ma dove si costruiscono relazioni vere.
Vi invito a non rimpiangere ciò che potrebbe sfuggire dalle vostre mani, se oggi non riuscite a vivere il gruppo nel modo giusto. Le opportunità che abbiamo ora potrebbero svanire se non le coltiviamo con sincerità e impegno. Non permettete che la paura o la diffidenza vi separino da ciò che possiamo costruire insieme.
Insieme possiamo continuare a essere una comunità, un gruppo, unito dalla volontà di appartenenza, ricordando che tutto questo è un gioco e va vissuto per ciò che è: un'opportunità di divertimento, di leggerezza e di condivisione, senza appesantirlo con aspettative troppo serie o conflitti inutili. Questo è il GIA!

Commenti
Posta un commento